Fedde di lu Cancidderi: un dolce inverecondo
Fedde di lu Cancidderi (fedde del Cancelliere) è un nome un po’complicato da pronunciare, soprattutto per chi non è siciliano. Si tratta di un guscio di morbida pasta di mandorle che nasconde un ripieno di crema biancomangiare e confettura di albicocche.
A realizzarlo erano un tempo le mani sapienti delle monache del monastero fondato nel 1171 da Matteo d’Ajello, Gran Cancelliere della Sicilia (ossia primo ministro sotto il governo dei sovrani normanni Guglielmi I e Guglielmo II).
Questa squisitezza, che veniva ancora ricordata nelle pagine della guida gastronomica del Touring club d’Italia del 1931, negli anni del dopoguerra è stata lentamente dimenticata e mai più riproposta, anche a causa del costo esoso delle materie prime.
Le fedde erano ritenute dai palermitani squisite ghiottonerie, superiori per bontà a tutti gli altri dolci. L’abate Meli infatti esclamava: “Chi cannola, cassate o cassateddi!.Pi quattro fedde di lu Cancidderi/ farria sett’anni cu remi in manu!” (Ma quali cannoli, cassate o cassatelle! Per quattro fette del Cancelliere/ farei sette anni con i remi in mano ai lavori forzati!”).
La forma attuale del dolce è quella che aveva già assunto nell’Ottocento, ovvero le sembianze di una bella conchiglia bivalve. Nella versione antica era più simile a un paio di natiche tondeggianti, da qui il nome “fedde”. Provocava una certa ilarità tra gli abitanti della città l’idea che a manipolare dolcetti appetitosi a forma di glutei maschili fossero proprio le pie monachelle…
Secondo altri studiosi, le fedde erano simili al “prucitanu”, biscotto ormai desueto a forma di sesso femminile, prodotto un tempo a Comiso, in provincia di Ragusa e regalato dalla sposa allo sposo in segno di buon augurio.
Non deve sorprendere che le monache abbiano ereditato (per poi trasformarli nel tempo) dolci del territorio di antichissima origine, propiziatori di abbondanza. A Enna per esempio, durante i misteri tesmoforici si solevano preparare focacce dolci di farina e sesamo a forma di pube (mylloi), da offrire a Demetra e Persefone.
Ecco la ricetta delle fedde, così come la descrive Mary Taylor Simeti in Fumo e Arrosto: “Preparate in una formella a cerniera a forma di conchiglia, la quale veniva foderata di pasta di mandorla e rimpita di crema e marmellata d’albicocche. Chiudendo le due metà della formella, un po’ del ripieno fuoriusciva, dando al dolce una certa rassomiglianza ai genitali femminili”.
Maria Oliveri
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